L’Assicurazione per la responsabilità civile del professionista

L’Assicurazione per la responsabilità civile del professionista

L’obbligo di stipulare l’assicurazione professionale

La polizza professionale è il contratto stipulato tra il professionista e l’assicurazione volto a tenere indenne il cliente dai danni che il professionista potrebbe arrecargli nell’esercizio dell’attività professionale.

Con l’introduzione del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, il professionista iscritto ad un ordine professionale è obbligato a stipulare la polizza professionale per la responsabilità civile.

In particolare, l’art. 5 del citato Decreto stabilisce che:

“1. Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente stesso. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.

2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 costituisce illecito disciplinare”.

In primo luogo, il professionista è obbligato a stipulare una assicurazione che copra i rischi derivanti dallo svolgimento dell’attività professionale ed è altresì obbligato a comunicarne gli estremi al cliente, pena la possibile contestazione di un illecito disciplinare.

Inquadramento normativo e gestione del sinistro

La polizza professionale rientra nel vasto ambito dell’assicurazione per responsabilità civile, che a sua volta costituisce sottotipo della assicurazione contro i danni.

Da tale circostanza deriva l’applicabilità, all’assicurazione per la responsabilità civile, delle norme che disciplinano l’assicurazione contro i danni di cui agli artt. 1904 e ss. c.c., incluse le norme generali in tema di assicurazione di cui agli artt. 1882 e ss. c.c.

Una delle norme fondamentali è rappresentata dall’art. 1917 c. 1 c.c. secondo cui “Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”.

L’aspetto più interessante e al tempo stesso problematico dell’art. 1917 c.1 c.c. è da rinvenirsi nel fatto che la compagnia deve tenere indenne l’assicurato per i fatti dannosi “accaduti durante il tempo dell’assicurazione”.

Occorre dunque chiedersi che cosa si intenda per fatto dannoso e per fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione. La domanda non è un mero esercizio di stile, poiché a seconda delle risposte può discendere la sussistenza o meno della copertura assicurativa.

Quanto al primo aspetto, la dottrina maggioritaria identifica il fatto dannoso con l’inadempimento o l’inesatto adempimento del professionista, ossia con il fatto generativo di danno. Altro non potrebbe essere, posto che normalmente il professionista agisce in esecuzione di una prestazione contrattualmente determinata. Ma ai fini della copertura assicurativa il problema si pone in altri termini, e riguarda il momento temporale in cui può ritenersi verificato il fatto dannoso.

Infatti, l’inadempimento – o più di frequente, l’inesatto o errato adempimento – del professionista, può ripercuotersi in momenti temporali distinti: quello dell’effettivo inadempimento o errore professionale, quello dell’effettivo danno al cliente, e quello della richiesta di risarcimento.

Non è un caso che in tema di danni cagionati nell’esercizio della professione si parli spesso di danni lungolatenti, ossia di fatti dannosi che producono il loro effetto a notevole distanza temporale dalla commissione del fatto generativo di danno. Diventa quindi fondamentale, ai fini dell’operatività delle polizze professionali, stabilire quale debba essere il momento a decorrere dal quale sorgono gli obblighi di comunicazione o di denuncia del sinistro in capo all’assicurato.

Alcune polizze, ad esempio, fanno dipendere il diritto all’indennizzo dal pervenimento di una richiesta di risarcimento, così individuando il fatto dannoso non già e non tanto nell’inadempimento o nell’errore professionale in sé e per sé considerato, ma nella domanda di risarcimento rivolta al professionista.

Tale circostanza comporta il verificarsi di una situazione probabile e assai particolare: si pensi all’ipotesi del professionista che commetta un errore professionale e che non riceva alcuna richiesta di risarcimento. In tal caso, la denuncia fatta dal professionista alla compagnia potrebbe non essere considerata come una denuncia di sinistro, posto che in quel momento non è ancora stata avanzata alcuna pretesa risarcitoria.

E dunque, quando il professionista è inadempiente o commette un errore professionale, deve comunicare tale circostanza alla compagnia, o deve attendere la richiesta di risarcimento del cliente?

Anzitutto, e indipendentemente dal pervenimento di una richiesta di risarcimento, il professionista è tenuto a comunicare tale circostanza al momento della stipula o del rinnovo della polizza ai sensi degli articoli inderogabili 1892 e 1893 c.c.

Infatti, dichiarazioni inesatte o reticenti rese alla compagnia al momento della stipula possono essere causa di annullamento del contratto o di recesso o di riduzione proporzionale della somma dovuta. Massima attenzione va quindi prestata alle dichiarazioni da rendere alla compagnia al momento della stipula o del rinnovo della polizza.

Secondariamente, in caso di inadempimento o di errore professionale, si dovrà leggere immediatamente la polizza e verificare se sono state stabilite delle decadenze, degli obblighi di comunicazione, o delle limitazioni temporali di copertura.

La lettura della polizza rivelerà il sistema adottato dalla compagnia, che tendenzialmente potrà essere di tre tipi: loss occurrance, claims made o di tipo misto.

Una polizza che adotta clausole di tipo claims made prevede che il sinistro si attivi con la richiesta di risarcimento che il professionista riceve durante il periodo di durata della polizza. In tal caso, l’assicuratore è obbligato all’indennizzo solo per i danni il cui risarcimento viene richiesto durante il periodo di vigenza della polizza e sempre che tale richiesta venga tempestivamente trasmessa alla compagnia. In questa prospettiva, per “sinistro” si intende la richiesta di risarcimento avanzata dal cliente al professionista.

Invece, una polizza che adotta clausole di tipo loss occurrance prevede che il sinistro si verifichi nel momento in cui avviene il fatto dannoso da cui scaturisce la responsabilità. In tal caso, l’operatività della garanzia è limitata agli eventi dannosi avvenuti durante il periodo di vigenza della polizza, a prescindere dalla data di richiesta del risarcimento. In questa prospettiva, per “sinistro” si intende l’evento dannoso o il fatto generativo di danno in sé e per sé considerato.

Oppure, una polizza che adotta clausole miste claims made/loss occurrence (da alcuni definite clausole claims made impure) prevede invece che la copertura assicurativa operi per le richieste di risarcimento pervenute al professionista durante il periodo di assicurazione, ma a condizione che l’evento dannoso si sia verificato durante il periodo di copertura, eventualmente comprensivo della retroattività. In questo caso, l’operatività della polizza dipende dal fatto che sia il fatto dannoso, sia la denuncia del sinistro, siano avvenute durante il periodo di copertura assicurativa.

Vediamo di seguito due esempi di clausole loss occurrance e claims made tratti da due distinti contratti di assicurazione professionale:

1) l’assicurato a pena di decadenza parziale o totale del diritto all’indennizzo deve dare agli assicuratori comunicazione scritta entro 30 giorni di qualsiasi circostanza di cui l’assicurato venga a conoscenza, che possa ragionevolmente dare adito ad una richiesta di risarcimento.

2) L’assicurato deve, come condizione essenziale per l’insorgere degli obblighi dell’assicuratore, trasmettere non appena ne sia venuto a conoscenza e durante il periodo di validità della polizza una comunicazione scritta all’assicuratore mediante lettera raccomandata informandolo di qualsiasi richiesta di risarcimento avanzata per la prima volta nei suoi confronti.

La prima clausola impone all’assicurato la tempestiva comunicazione alla compagnia del fatto dannoso, indipendentemente dal pervenimento di una richiesta di risarcimento.

La seconda clausola impone all’assicurato la tempestiva comunicazione della richiesta di risarcimento, indipendentemente dal momento di accadimento del fatto dannoso, e sempre che la richiesta sia pervenuta al professionista nel periodo di copertura assicurativa.

Ma tali clausole potrebbero non essere sufficienti a risolvere particolari problematiche che potrebbero verificarsi nell’esercizio dell’attività professionale. Si pensi, ad esempio, ad un fatto dannoso accaduto durante il tempo dell’assicurazione del quale l’assicurato ne venga a conoscenza solo dopo la scadenza della polizza. Oppure, si pensi alla richiesta di risarcimento pervenuta dopo la scadenza della polizza ma relativa ad un fatto dannoso accaduto durante la copertura. Oppure ancora, si consideri una richiesta di risarcimento pervenuta in corso di polizza ma relativa ad un fatto accaduto prima della decorrenza di quest’ultima.

Tali eventualità non sono di facile gestione, e le soluzioni dipendono in gran parte dalle clausole del contratto di assicurazione, oltre che dagli orientamenti giurisprudenziali sul tema.

Le clausole claims made sono state oggetto di numerosi interventi della S.C. di Cassazione, non tutti dello stesso segno. A fronte di un orientamento che sembrava essersi consolidato con la pronuncia a SS.UU. n. 22347/2018 con cui si affermava che la clausola claims made consentiva una legittima deroga al modello loss occurrance, è invece intervenuta la recente ordinanza n. 8894/2020 che ha stabilito che la clausola claims made contrasta con gli artt. 1341 e 2965 c.c. poiché sarebbe vessatoria e renderebbe eccessivamente difficile l’esercizio del diritto da parte dell’assicurato professionista.

Conclusioni

L’errore professionale, per sua natura, può propagare i suoi effetti in momenti distinti. Il professionista, a seconda dell’attività professionale svolta, dovrà quindi chiedersi qual è la natura e l’orizzonte temporale dei danni che in potenza potrebbe eventualmente causare ai propri clienti. Da un tanto, il professionista potrà valutare le proprie esigenze specifiche di copertura assicurativa e quindi ricercare la polizza che maggiormente si adatta a tali caratteristiche, atteso che normalmente si tratta di contratti non negoziabili.

Massima attenzione va quindi prestata ai momenti più delicati del rapporto assicurativo: quello della stipula o del rinnovo della polizza, quello dell’eventuale cambio di compagnia e quello di determinazione dell’estensione temporale della copertura. Ciò senza dimenticare la possibilità, talvolta preferibile in ragione delle problematiche appena viste, di assicurare in modo specifico i rischi derivanti da una determinata prestazione o da un singolo incarico di particolare importanza.

Avv. Marco Violato