Brevi note in tema di actio interrogatoria ex art. 481 c.c.

Brevi note in tema di actio interrogatoria ex art. 481 c.c.

di Marco Violato e Paolo Meneghel, avvocati in Padova.

Sui banchi dell’Università insegnano che l’actio interrogatoria è quell’azione diretta a far fissare dall’A.G. un termine entro il quale l’avente diritto dichiari se intenda o meno profittare di una determinata situazione giuridica.

Fra i casi di applicazione di tale azione, previsti dal Codice civile, particolare rilevanza pratica assume quello – in tema di successioni – contenuto nell’art. 481 c.c ed al quale sono dedicate le presenti brevi considerazioni.

La disposizione in esame consente a chiunque vi abbia interesse di chiedere al Giudice di fissare “un termine entro il quale il chiamato dichiari se accettare o rinunciare all’eredità”. Decorso detto termine senza che sia stata resa alcuna dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare.

L’ipotesi de qua è soggetta al rito disciplinato dall’art. 749 del c.p.c., secondo cui l’interessato che intenda agire per la fissazione del termine ha l’onere di proporre ricorso al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione e notificare al chiamato il conseguente Decreto di fissazione dell’udienza di comparizione.

Al termine del procedimento, il Giudice provvederà sulla domanda con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c.

Diversi e rilevanti sono gli aspetti problematici dell’istituto: fra i vari, si potrebbe citare ad esempio quello relativo all’interesse che deve sussistere in capo al ricorrente, ovvero quello relativo alla circostanza se il chiamato sia o meno nel possesso dei beni ereditari, oppure ancora al rapporto con le ipotesi di indegnità a succedere. Ed altri ulteriori se ne potrebbero ricordare.

Tuttavia, il profilo che ha suscitato particolare interesse in chi scrive (che si è trovato ad affrontare più di qualche caso pratico in tema) riguarda l’ipotesi, come si diceva tutt’altro che infrequente, in cui il destinatario dell’actio interrogatoria sia un minore, un interdetto, un inabilitato, o un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno. In altre parole, l’ipotesi in cui il chiamato sia incapace e quindi il soggetto tenuto a manifestare l’eventuale volontà di accettare o rinunciare sia un genitore, un tutore, un curatore ovvero un amministratore di sostegno, ovviamente previa autorizzazione del Giudice Tutelare (che andrà all’uopo espressamente richiesta).

Al riguardo, poi, è appena il caso di ricordare che in simili ipotesi, l’eventuale accettazione dovrà essere effettuata con beneficio di inventario ai sensi degli artt. 471 e 472 del c.c., essendo ogni altra forma di accettazione espressa o tacita ritenuta nulla e improduttiva di effetti (cfr. Cass. 1267/1986, 7417/1999, 2211/2007).

Ai fini dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, la sequenza di adempimenti richiesti ai soggetti a cui è affidata la cura, la tutela, ovvero l’assistenza, è pertanto triplice, e si svolge attraverso: i) l’autorizzazione del Giudice Tutelare ad accettare l’eredità con beneficio di inventario; ii) la dichiarazione resa al Cancelliere o al Notaio di accettazione con beneficio di inventario; iii) la redazione e la chiusura dell’inventario.

In relazione a questi tre distinti momenti temporali, si è frequentemente posto il quesito su quale sia l’atto che deve essere compiuto, nell’interesse dell’incapace, entro il termine assegnato dal Giudice ai sensi dell’art. 481 c.c. al fine di non incorrere nella decadenza dal diritto di accettare l’eredità.

Su questo tema, va ricordato preliminarmente che già nel 1985, con la pronuncia n. 3828, la S.C. di Cassazione dirimeva ogni dubbio in ordine alla possibilità di esperire l’actio interrogatoria nei confronti degli incapaci, stabilendo che “La fissazione di un termine per l’accettazione (o la rinuncia) dell’eredità è possibile anche quando il chiamato sia incapace”.

In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo il disposto dell’art. 488 c.c., il chiamato all’eredità che non è nel possesso di beni ereditari e al quale viene assegnato un termine a norma dell’articolo 481 del c.c., deve, entro detto termine, compiere anche l’inventario. Se, invece, entro tale termine rende la dichiarazione di accettazione beneficiata e non anche l’inventario, egli viene considerato erede puro e semplice.

Tenuto presente quanto sopra, occorre altresì considerare che il successivo art. 489 c.c., rubricato “incapaci”, stabilisce che questi soggetti – tenuti come sopra ricordato ad accettare con beneficio di inventario ex artt. 471 e 472 c.c. – non si intendono decaduti dal beneficio di inventario se non al compimento di un anno dalla maggiore età, ovvero dalla cessazione dello stato di interdizione o d’inabilitazione (e quindi, per estensione, anche alla cessazione dell’amministrazione di sostegno) qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della sezione II che disciplina il beneficio di inventario.

Orbene, l’applicazione dei ricordati principi ha fatto emergere aspetti problematici relativi al caso di accettazione con beneficio di inventario intervenuta a seguito di actio interrogatoria.

Infatti, ci si è chiesto se, nell’ambito di questa fattispecie, l’incapace che per il tramite del suo rappresentante, entro il termine assegnato dal Giudice ottenga l’autorizzazione del G.T. e renda la dichiarazione di accettazione con beneficio, ma non compia l’inventario, debba o meno ritenersi decaduto dal diritto di accettare l’eredità.

La risposta negativa (e cioè che non interviene decadenza alcuna) appare fin troppo ovvia nella fattispecie disciplinata dall’art. 510 del c.c., secondo cui l’accettazione con beneficio d’inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri. In tale caso, infatti, il chiamato incapace che abbia tempestivamente ottenuto l’autorizzazione del G.T. e reso la dichiarazione di accettazione con beneficio, potrà giovarsi dell’inventario nel frattempo completato da un altro chiamato alla stessa eredità, senza incorrere nella decadenza stabilita dall’art. 481 c.c.

Resta tuttavia da chiedersi nuovamente se, nell’ipotesi in cui non ci siano inventari completati da altri chiamati, l’incapace destinatario di actio interrogatoria, che (tramite il suo rappresentante legale) abbia tempestivamente ottenuto l’autorizzazione del G.T. e reso la dichiarazione di accettazione con beneficio, ma non abbia potuto o voluto completare l’inventario, possa o meno ritenersi decaduto dal diritto di accettare.

Orbene, la soluzione della questione non può ovviamente prescindere dal già richiamato art. 489 c.c., norma speciale di evidente finalità protettiva, che impedisce agli incapaci di decadere dal beneficio di inventario prima del compimento di un anno dalla maggiore età, ovvero dalla cessazione dello stato di incapacità.

In buona sostanza, in prima battuta sembrerebbe ragionevole ritenere che, nell’ipotesi in cui sia destinatario di actio interrogatoria, l’incapace non potrà incorrere nella decadenza dal diritto di accettare l’eredità con beneficio di inventario (unica forma di accettazione che nel suo caso è prevista dalla legge), ove non abbia ultimato l’inventario nel termine stabilito dal giudice.

Tuttavia, tale soluzione produrrebbe l’effetto di “congelare” l’actio interrogatoria per un tempo indeterminato – almeno nei casi in cui l’incapace non è un minore – vanificando la funzione di abbreviare il termine ordinario di Legge e compromettendo l’interesse dei ricorrenti.

Dall’altro lato, però, una simile ipotesi sarebbe coerente con le finalità speciali e protettive dell’art. 489 c.c., volte a proteggere gli incapaci anche a discapito di altri interessati.

Si tratta quindi di definire il confine tra interessi – di parte e di sistema – eterogenei tra loro e confliggenti. Operazione invero tutt’altro che semplice.

Non è quindi un caso che il tema del ruolo della redazione dell’inventario nella procedura di accettazione beneficiata, anche con riferimento all’accettazione di eredità devoluta a minori o incapaci, sia stato oggetto di una recentissima ordinanza interlocutoria della seconda sezione della S.C. di Cassazione, che con tale provvedimento (n. 34852 del 13 dicembre 2023) ha sottoposto all’esame delle Sezioni Unite la questione se:

a) nel caso di eredità devoluta ai minori o agli incapaci, l’accettazione beneficiata costituisca una fattispecie complessa a formazione progressiva che richiede per il suo perfezionamento e ad ogni altro effetto anche la redazione dell’inventario, o se tale adempimento operi esclusivamente quale causa di decadenza dalla limitazione di responsabilità per i debiti ereditari;

 

b) se – quindi – tale beneficio si acquisti o meno in via automatica per effetto della dichiarazione ex articolo 484 c.c. resa dal rappresentante dell’incapace o solo con la redazione dell’inventario, questione che incide anche sul regime della responsabilità per i debiti nel periodo intermedio;

 

c) se il chiamato (incapace o minore) nel cui interesse non sia stata fatta la dichiarazione ex articolo 484 c.c. ma non l’inventario, possa rinunciare all’eredità fino a che non sia spirato il termine di un anno previsto dall’articolo 489 c.c.”.

 

Di tutta evidenza è l’importanza dei temi proposti, e l’effetto che potrà avere la soluzione fornita dalle Sezioni Unite in relazione agli effetti dellactio interrogatoria ex art. 481 c.c. proposta nei confronti di minori ed incapaci.

Ai fini delle presenti note, ci limitiamo ad evidenziare che, ove dovesse prevalere l’idea che l’accettazione beneficiata costituisca una fattispecie a formazione progressiva di cui l’inventario sia un elemento costitutivo (essenziale, quindi, non solamente ai fini della limitazione di responsabilità, ma – nel caso di minori ed incapaci – anche per l’acquisto della qualità di erede, stante il disposto dell’art. 489 c.c.), allora il soggetto che agisce ex art. 481 c.c., ove il legale rappresentante del minore o dell’incapace non esegua tutti gli incombenti tempestivamente, dovrà probabilmente rassegnarsi ad attendere lo spirare dei termini di cui all’art. 489 c.c. per essere certo dell’esito della sua azione. Infatti, fino a quel momento, l’iter dell’accettazione non potrà ritenersi comunque concluso e quindi la stessa definitivamente perfezionata, potendo il chiamato sino ad allora, per così dire, mutare rotta ed addirittura rinunciare all’eredità.

Di fatto, l’accoglimento di una simile soluzione avrebbe ricadute rilevantissime nella pratica, potendo giungere a ridimensionare in modo decisivo l’efficacia e l’utilità dell’istituto in questione.

Avv. Marco Violato
Avv. Paolo Meneghel

Articolo inserito in PQM, notiziario della Camera Civile degli avvocati di Padova “Alberto Trabucchi”, consultabile al seguente link:
https://www.cameracivilepadova.it/wp-content/uploads/2024/02/PQM-EDIZIONE-12_FEBBRAIO-2024.pdf